Dal mito originario della fanciulla di Corinto che traccia sulla parete i contorni dell’amante, alla morte dichiarata tante volte ma mai davvero avvenuta. Che cos’è oggi la pittura? Un ciclo di mostre con artisti di varia provenienza prova a dare alcune risposte. Al Museo Pecci di Prato…
Il Museo Pecci inizia un progetto, che si potrebbe definire d’indagine, sulla pittura contemporanea e sulle relazioni con la figurazione: nel caso presente come in quelli che seguiranno, un’ampia selezione di artisti di provenienza internazionale è traccia delle potenzialità e dei limiti che questa forma espressiva, per secoli dominante, palesa rispetto all’attuale contesto sociale, culturale e immaginativo.
È chiaro che la questione, già annunciata nei suoi aspetti fondamentali dall’opera capitale di Walter Benjamin e verificata in varie modalità dalle avanguardie storiche, dopo aver attraversato con tanti esiti il Novecento si ripropone in maniera urgente e straordinaria: adesso che il dominio delle immagini riproducibili, consumabili, virtuali si è fatto interamente realtà, cosa possono significare o a cosa dovrebbero servire la manualità e la persistenza della pittura? Sarà perché una pratica millenaria non scompare nel giro breve di un secolo, o più probabilmente perché la questione non riguarda la scomparsa ma la maggiore difficoltà ad accordarsi con la propria epoca, fatto sta che la pittura, più o meno figurativa, torna come un’ossessione in ogni generazione di artisti. Da qui l’aggettivo ‘inevitabile’ a titolo delle mostra, a cui si aggiunge la coscienza che tale necessità assume, nello specifico delle ricerche, una nota critica: può essere errore, mancanza, inanità, contrasto e così via, generando sempre un discorso meta-pittorico.
I due estremi del percorso espositivo distano precisamente cinquant’anni, dal 1926 al 1976; da una parte il rapporto im-possibile tra significato e significante che si abbandona all’evocazione, con Le sommet du regard di René Magritte; dall’altra la riflessione insieme paradossale e rigorosa sui concetti di rappresentazione e reale con Eclisse (II) di Giulio Paolini. Due dipinti che a modo proprio segnano dei limiti entro cui si articolano le espressioni dei 18 artisti invitati: tra gli altri, Mamma Andersson, Michael Bauer, Avner Ben-Gal, Luca Bertolo, Marco Neri, Tal R, Alessandro Pessoli.
Impossibile e anche poco proficuo rendere conto di ognuno, più interessante invece, e anche necessario, evidenziare come nell’insieme risultante ogni distinzione appaia superata: appunto tra figurazione e astrazione, superficie e supporto, uso di colori e materiali di differente provenienza, ricerca di un’estetica aggraziata o respingente, ogni risorsa è possibile senza contraddire le altre nella ricerca – sospesa tra bisogno, speranza e determinazione – del quid pittorico.
Matteo Innocenti
(Artribune)
Prato //
La figurazione inevitabile. Una scena della pittura oggi
a cura di Marco Bazzini e Davide Ferri
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CENTRO PECCI
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