Promossa da Comune di Bologna (Dipartimento Cultura e Promozione della Città)
nell’ambito di ART CITY 2021 Bologna Estate
In collaborazione con:
Il Museo della Resistenza di Bologna e l’Istituto Storico Parri, L’Istituzione Bologna Musei, Bologna Biblioteche, Estuario project space, Traffic Gallery di Bergamo, ITC Salvemini, Auser Bologna
e il patrocinio dell’ANPI
VIRGINIA ZANETTI
BE A POEM
7 maggio – 4 giugno 2021
a cura di Matteo Innocenti
Opening venerdì 7 maggio 2021, dalle ore 16
Sale espositive del secondo piano di Palazzo D’Accursio
Piazza Maggiore 6, Bologna
Parte del programma ART CITY Bologna 2021, la mostra personale di Virginia Zanetti Be a Poem a Palazzo d’Accursio presenta serie di opere recenti e rappresentative della ricerca complessiva dell’artista, a partire dal progetto I Pilastri della Terra e dalla collaborazione con il Museo della Resistenza di Bologna, l’Istituto Storico Parri, l’Istituzione Bologna Musei.
Be a Poem, titolo che deriva dalla serie più recente realizzata dall’artista e che si riferisce alla possibilità di ogni individuo di agire in modo creativo e incisivo nella trasformazione della società, diventa un’occasione per presentare al pubblico progetti passati e inediti di Virginia Zanetti, tra loro correlati nella creazione di un discorso comune: le serie in mostra sono Be a Poem (Villa Romana, Firenze, 2020), Para onde estamos indo? (Magic Carpet, Lisbona, Portogallo, 2019), Abissi (Manifesta 12, Palermo, 2018; Istituto Italiano di Cultura, Zurigo, 2019), I Pilastri della Terra (luoghi vari, 2016 – in corso).
La mostra nelle sale espositive del secondo piano di Palazzo D’Accursio si interroga sul rapporto tra responsabilità individuale e avvenire storico, in riferimento alla nostra contemporaneità, considerando come elemento fondamentale per ogni cambiamento proprio “l’essere poesia”, cioè la scelta di agire in modo personale e creativo; come sostiene l’artista: «È necessario credere nella potenzialità di ogni persona. La trasformazione dipende dalla determinazione interiore, cioè da quell’accrescimento della condizione vitale che è in grado di dare forza a noi e di ispirare gli altri verso un miglioramento, armonico, della società.»
L’elemento generativo per lo sviluppo della mostra è stato I Pilastri della Terra. Un progetto articolato attraverso laboratori e workshop, al fine di compiere azioni performative collettive in cui gruppi di persone, simultaneamente, posizionano le proprie mani al suolo per erigere corpo e piedi verso l’alto. Ogni singolo individuo diviene in questo modo un pilastro, capace, insieme agli altri, di sorreggere il mondo: lo scopo è quello di capovolgere il punto di vista, condividendo l’esperienza con persone provenienti da differenti ambiti, creando una comunità eterogenea errante alla ricerca di una nuova etica. Il lavoro esplora i concetti di rinascita, resurrezione, rivoluzione e resistenza Tale progetto si è sviluppato a partire dalla prima performance avvenuta nel 2016 in India, fino all’ultimo capitolo, a cura di Adiacenze e patrocinato dall’ANPI, in collaborazione con l’Istituto Tecnico Salvemini di Casalecchio di Reno nell’ambito del laboratorio teatrale diretto da Massimiliano Briarava, che ha avuto luogo nel giugno 2019 a Sabbiuno, Bologna, presso il Parco dei Calanchi – luogo di grande importanza storica dove si trova il monumento, sacrario ai caduti della resistenza antifascista.
Da qui la collaborazione con il Museo della Resistenza di Bologna, l’Istituto Storico Parri e l’Istituzione Bologna Musei che ha portato alla realizzazione della nuova mostra Be a Poem, in occasione della quale l’opera I Pilastri della Terra – Monumento ai caduti della Resistenza partigiana, Sabbiuno, Bologna, 2019, viene proposta in donazione in forma permanente nella collezione del Comune di Bologna.
Virginia Zanetti (Fiesole, Firenze, 1981). Lavora sia in luoghi non convenzionali sia in istituzioni italiane e estere per la cultura e l’arte contemporanea come il Man di Nuoro, il CCC Strozzina di Firenze, il CAC Pecci di Prato, il Mac di Lissone in Italia, la Kunsthalle di Berna, l’Istituto di cultura italiano di New Delhi e di Zurigo. Ha vinto premi come il Premio Movin Up 2015 del MIBACT e il Concorso internazionale per artisti per la realizzazione di opere d’arte permanenti per Palazzo di Giustizia di Firenze nel 2017, il Primo Premio Maccaferri per la fotografia, Artefiera, Smartup Optima 2019, Napoli e Level 0, ArtVerona 2020. Il suo lavoro ed i suoi testi sono presenti in pubblicazioni come A Cielo Aperto e Breve storia della curatela di H.U.Obrist, postmediabooks, Milano.
Di responsabilità, arte e poesia
Di certo la questione della responsabilità dell’agire, dapprima in forma individuale poi eventualmente condivisa e collettiva, riluce in un’epoca che da molto viene definita come “critica”; il discorso comune concorda sul fatto che il nostro sia il tempo della crisi e che la crisi contenga in sé la misura del proprio superamento. Tutto vero, probabilmente, perché anche nei termini di un ragionamento meno ispirato ma più pragmatico se la crisi consiste in un processo che ci blocca e che trova la propria ragione di sussistenza nella fissità, allora l’opposizione a essa non può che avvenire attraverso una mossa in controtendenza, qualcosa insomma che richieda del movimento: azione e reazione.
La necessità di reagire agli impedimenti comprende però anche il rischio di omettere ciò che genera la situazione stessa di difficoltà. Mi pare che in generale, di fronte a fasi urgenti o drammatiche della storia contemporanea (e non solo), abbiano prevalso delle valutazioni più sbilanciate verso le cause circostanziate che verso quelle radicali. Giusto un esempio, in cui siamo ancora immersi, la pandemia; si stanno approfondendo i fattori scaturenti, eventualmente rintracciabili in un salto nella trasmissione del virus da una specie all’altra, però resta cosa rara ascoltare qualche parola o leggere qualche frase sulle condizioni opportune perché tale salto avvenisse. Cioè quello che purtroppo manca spesso alle nostre analisi è la ragione sostanziale che può aver scaturito un fatto, vale a dire la responsabilità associabile alle azioni stesse. Restringendo ancora: i comportamenti dell’essere umano scaturiti dalla complessità della propria natura.
L’arte (qui intendo gli artisti e le opere e non il sistema dell’arte) ci ha insegnato a interrogarci con domande sostanziali: come e perché siamo, in che modo ragioniamo e ci emozioniamo, quali sono le relazioni che ci legano, come costruiamo la società. Se anche talvolta viene messa in dubbio la sostanziale in/utilità dell’arte, c’è ancora e ci sarà sempre bisogno che essa ponga tali questioni, poiché è guardando quanto siamo, in un esercizio e sforzo continui, che possiamo assumere comportamenti di piena responsabilità. Non più la crisi che si incarna con ricorsività in eventi diversi, e rispetto a cui si cercano soluzioni specifiche, ma la crisi massima: la trasformazione che ogni individuo si sfida per operare in sé, in nome della propria felicità e di quella della società. Cammino difficile, certo, ma definirlo impossibile vorrebbe dire rinunciarvi in partenza per codardia; invece abbiamo oggi possibilità (e rischi) come in nessun altra epoca della nostra storia.
Il titolo della mostra di Virginia Zanetti, Be a Poem, essere poesia o poema – titolo emblematico della sua ricerca – declina in modo personale questo “tema”. La mostra si sviluppa come articolazione tra quattro serie recenti, correlate tra loro da elementi formali e concettuali e soprattutto dal denominatore comune dell’azione personale che mira a un risultato collettivo. Ne I Pilastri della Terra le donne e gli uomini che assumono la posizione verticale piantando i palmi delle mani al suolo e svettando coi piedi in direzione del cielo, grazie alla dinamica di un semplice rovesciamento assumono l’aspetto di colonne a sostegno di ciò da cui per gravità sono sostenuti, così l’immagine si fa metafora evidente, eppure originale, del nostro potenziale. Avvicinandosi a un fenomeno globale – e purtroppo drammatico – quale l’immigrazione, Abissi trasfigura la concezione della profondità come inabissamento (con linguaggio crudo ma realistico potremmo anche dire: annegamento) nel riferimento a una volta celeste, in cui a brillare sono le stelle sacre della tradizione, quegli incroci di linee a otto punte – l’ottavo è il giorno dell’eternità – che Giotto restituì in forma magistrale nel suo capolavoro padovano, la Cappella degli Scrovegni, e che qui sono state ricamate su una stoffa blu oltremare; un invito a resistere alla disperazione di un destino avverso e insondabile, un invito a riconoscere il valore della propria esistenza. L’azione del ricamo è centrale anche in Para Onde Estamos Indo? La comunità, come la caravella (invenzione portoghese), capace di utilizzare ogni tipo di vento – compresi quelli contrari – è riuscita a trasformare il settore economico del tessile, attraversandone la terribile crisi. Due vele hanno scritte su di sé alcune parole dense di significati e sono state portate nel punto di massima altezza a sventolare: ciò che non potrà essere ancora, può comunque venire evocato come ispirazione per il futuro. Infine Be a Poem, che dà nome al progetto intero; serie di frasi che tante persone, durante un’azione collettiva, hanno deciso di scrivere ricamandole sui propri capi di abbigliamento, a rappresentazione di un intimo pensiero da cui risuoni la complessa varietà del proprio essere.
Esempi vari, esempi possibili, exempla di azioni responsabili in nome dell’arte e della poesia.
Matteo Innocenti
About responsibility, art and poetry
The issue of responsibility to act, first of all as an individual and then as a community, is apparent to all in an era that has long been defined as “critical”; the prevalent debate agrees that ours is the time of crisis and that the crisis contains within itself the measure of its overcoming. That is probably true, because even in terms of a less inspired but more pragmatic reasoning, if the crisis consists of a process that stops us and finds its reason for existence in fixity, then the opposite can only occur through a move in counter tendency, something that requires movement: action and reaction.
The need to react to impediments, however, also includes the risk of leaving out what generates the situation of difficulty itself. I think that generally evaluations more unbalanced towards circumstantial causes than towards radical ones, have prevailed when faced with urgent or dramatic phases of contemporary history (and not only).
One example in which we are still immersed: the pandemic; we are investigating the triggering factors, possibly traceable in a leap in the transmission of the virus from one species to another, but it rarely happens to hear or read a few words about the conditions that caused this leap
The missing of this analysis is the main reason that may have triggered a fact and the responsibility associated with the actions themselves. In other words : the behavior of human beings arising from the complexity of their nature.
Art ( I mean artists and artworks and not the “art system”) has taught us to question ourselves in a deep way: why we exist, how we reason and how we are moved, what are the relationships that connect us, the way we build society. Even if the essential thing about point of art is sometimes questioned, there is always a need to ask such questions, since only looking at what we are, in a continuous exercise and effort, we can assume behaviors of full responsibility.
I do not refer to the crisis that is embodied recursively in different events, when specific solutions are sought, but the maximum crisis: the transformation in which each individual challenges himself to operate with in themselves , in the name of his own happiness and that of society. It’s sometwhat difficult, of course, but defining this challenge as impossible would mean giving up from the beginning due to cowardice; instead, today, we have so many opportunities as never before in our history.
The title of Virginia Zanetti’s exhibition, Be a Poem – emblematic title of her artistic research – declines in a personal way this “issue”. The exhibition develops as an articulation between four recent series, interrelated by formal and conceptual elements and above all by the common denominator of personal actions aiming at collective results. In The Pillars of the Earth, women and men assuming a vertical position, planting the palms of their hands on the ground and soaring with their feet in the direction of the sky, take on the appearance of columns supporting what should be sustaining them by gravity, thanks to the dynamics of a simple reversal. So the image becomes an evident, yet original, metaphor of our potential.
Approaching a global – and unfortunately dramatic – phenomenon such as immigration, Abysses transfigures the concept of depth as sinking (in a crude, but realistic language we could say drowning instead of sinking) referring to a celestial vault. In this vault the sacred stars of tradition shine, represented as intersections of eight-pointed lines – the eighth is the day of eternity – like Giotto in his Paduan masterpiece, the Scrovegni Chapel, but in this work embroidered on an ultramarine blue fabric; it’s an invitation to resist the despair of an adverse and unfathomable destiny, an invitation to recognize the value of existence. The action of embroidery is also central in Para Onde Estamos Indo?, where it is associated with memories, in this case both historical and individual The community, like the caravel (Portuguese invention), able to use any type of wind – including the opposite ones – has managed to transform the economic sector of textiles, going through its terrible crisis. Two sails with some meaningful words written on them, have been taken to the highest point in order to wave: what cannot be again, can however be evoked as inspiration for the future. The last work is Be a Poem, which gives the name to the whole project; a series of sentences that many people, during a collective action, have decided to embroider on their clothes, as a representation of an intimate thought from which the complex variety of their being resonates.
Various examples, possible examples, exempla of responsible actions in the name of art and poetry.