Lo spazio progettuale del Centro Pecci, stavolta utilizzato in tutta l’estensione di circa 50 metri di lunghezza, propone una personale “combinata” degli artisti Thom Puckey (Bexley Heath, 1948; vive ad Amsterdam) e Jan van der Ploeg (Amsterdam, 1959).
Il tentativo, già sperimentato nel 2008 presso l’Aschenbach and Hofland Galleries della capitale dei Paesi Bassi, e consistente nell’instaurare una relazione tra due autori dalle modalità espressive differenti, si rinnova per conseguire ulteriori possibilità discorsive.
L’arte di Thom Puckey prende a modello la statuaria classica e ne rinnova alcune convenzioni. Gli ideali canonici di bellezza femminile, scolpiti con perizia in marmo bianco o nero, divengono strumento di détournement: giovani fanciulle dalla corporatura fragile stravolgono le proprie pose così da poter brandire mitra, fucili e coltelli.
Sebbene l’autore dichiari che “le sculture non devono provocare urto ma un senso di naturalezza”, colpisce soprattutto l’ambiguità fra l’atteggiamento svagato delle adolescenti – quasi assenti a sé – e l’evidenza della minaccia; una dicotomia reiterata sul piano formale dalla differenza tra la morbidezza dei corpi e il rigore geometrico delle armi.
In tale complessiva incertezza – nemmeno sapremmo definire le protagoniste baccanti sanguinarie piuttosto che vittime costrette a difendersi – emerge un unico ma significativo elemento di persuasione, cioè lo stato di contaminazione. Gli oggetti della guerra e della morte inoculano nei modelli il siero della deperibilità, mentre la grazia eterna delle figure si degrada alla condizione di nudità realistica.
Le opere di Jan van der Ploeg hanno per materia il colore, due grandi wall painting dai toni accesi che si sviluppano rispettivamente nella stanza e nel corridoio, distinguendosi per l’approssimazione a modalità geometriche non uguali (l’una euclidea, l’altra topologica). Con preciso riferimento al disegno di Sol LeWittnell’atrio ma senza rilevanti novità, il lavoro verte sulla riflessione spaziale.
Evidente è anche l’unione concordata tra i due artisti; infatti, i motivi delle pitture murali, passando dalla bidimensionalità alla realtà, si solidificano e divengono piedistalli per le statue stesse. Il risultato, sebbene gradevole all’impatto visivo, non è convincente: una relazione didascalica e sforzata, che involontariamente dirotta l’insieme nella dimensione del kitsch.
Del resto, perché Puckey e van der Ploeg dovrebbero trovare un’armonia comune? Forse il loro intento mira a dimostrare, a livello generale, una convivenza stimolante tra scultura e pittura? Se così fosse, allora un evento occasionale – che tra l’altro coinvolge nomi poco conosciuti dal pubblico – rischierebbe di restare, pur nella sua singolarità, fine a se stesso.
Altro discorso sarebbe se The Prato Project diventasse il primo di una serie di confronti tra artisti, da ambientare con regolarità e coerenza al piano base del museo pratese.
Matteo Innocenti
Jan van der Ploeg & Thom Puckey – The Prato Project
C.Arte – Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci – Spazio Progetti
Viale della Repubblica, 277 – 59100 Prato