A cura di Matteo Innocenti e Tommaso Evangelista
direzione progetto Paolo Borrelli e Fausto Colavecchia
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Caterina Sbrana e Gabriele Mallegni
Lucito (CB)
“Il fiume aspetta” e “Qui è tutto altrove e tutto è qui”
Il progetto sviluppato da Caterina Sbrana e Gabriele Mallegni nel corso della residenza a Lucito si compone delle opere “Il fiume aspetta” e “Tutto è altrove e tutto è qui”, entrambe derivate dalla progressiva conoscenza ed esperienza del paesaggio locale, inteso nei suoi caratteri reali e immaginari, e approfondito rispetto a quelli che sono come dei “rimossi”, vale a dire alcune perdite che avvengono nel costante mutamento della relazione tra le comunità umane e la natura.
Lucito è attraversato da un torrente del fiume Biferno, lungo il quale, storicamente, sì è organizzata e ha preso forma e consuetudini la vita del paese; se da molto tempo il corso d’acqua è stato coperto, ne resta comunque la memoria – e in certo modo anche la sua esistenza, sotterranea, torna a farsi sentire con maggiore vigore durante le piogge abbondanti. “Il fiume aspetta” ravviva questa presenza originaria, attraverso quattro sculture in ceramica che ibridano le forme naturali e quelle di mano umana: nello specifico sono calchi di massi, recuperati in riva al Biferno e poi lì ricollocati, e manici di oggetti quotidiani di appartenenza degli abitanti. L’installazione, esterna e permanente, descrive un percorso che dalla fonte attigua alla chiesa dell’Immacolata Concezione arriva fino all’ingresso del centro storico, come a celebrare un contatto, mai davvero interrotto, semmai attenuato, tra il fiume e il borgo.
“Qui è tutto è altrove e tutto è qui” è un rilievo in terra locale pensato per la nicchia ovale al centro della facciata della Cappella di San Gennaro; la frase si accompagna a un intreccio tra le radici di due piante, una di verbasco e l’altra di ailanto, con richiamo al rito agrario del “matrimonio degli alberi”. Entrambe le piante vivono a Lucito, con la differenza che una è considerata autoctona, e l’altra alloctona e infestante. L’immagine, come un emblema, rileva la complessità produttiva delle convivenze, la continua e necessaria modificazione della flora attraverso il movimento. Ciò che del resto è carattere anche della nostra specie e nutrimento della civiltà, aldilà delle valutazioni contingenti, spesso artefatte e restrittive, nel merito dei fenomeni migratori. (Matteo Innocenti)
Caterina Sbrana (Pisa, 1977, dove vive e lavora). Dopo studi classici si sposta a Perugia dove studia restauro di dipinti all’Istituto Europeo delle Arti Operative, si laurea all’Accademia di Belle Arti di Carrara in Pittura e Arti visive. Conduce una ricerca in bilico tra l’uso di materiali naturali, le tecniche della tradizione e una visione contemporanea contaminata dalla tecnologia. Tra le mostre: Fuoriporta, 2023, a cura di Ilaria Mariotti con Caterina Fondelli e Alessandra Ioalè, Villa Pacchiani, Santa Croce sull’Arno; L’estate più fredda, 2023, a cura di Claudio Cosma, Sensus, Firenze; Eco-esistenze, forme del naturale e dell’artificiale, 2022, a cura di Daria Filardo, Martino Margheri, MA Curiatorial Practice Ied, Ied Firenze; Imboscata, 2022, a cura di Shilha Cintelli, Rachel Morellet, Eva Sauer, Enrico Vezzi, Bosco di Corniola, Empoli; Systemae Naturae, 2022, a cura di Anne Guillot, Palazzo Mazzone Alessi, Caltanissetta; XV Bienal Internacional Ceramica Artistica Aveiro, 2021; Aller Retour, 2020, 59 Rivoli, Rue de Rivoli, Parigi; The Curated Space, Five Figurative Artists in Florence, 2015, a cura di Arturo Galansino, Mall Galleries, Londra; A Private Geography, 2012, a cura di Paola Bortolotti , Syracuse University in Florence; Osservazione della natura in stato di quiete, 2012, a cura di Paola Bortolotti, Museo Marino Marini, Firenze.
Gabriele Mallegni (Pisa, 1977, dove vive e lavora). Frequenta il liceo Artistico a Lucca, prosegue i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Carrara dove si laurea in scultura con il prof. Giorgio Balocchi. La sua ricerca si concentra sulla ceramica con la quale modella ritratti contemporanei, mondi distopici, incubi e contraddizioni della società attuale. Partecipa a simposi e mostre tra le quali ricordiamo: L’estate più fredda, a cura di Claudio Cosma, Sensus luoghi per l’arte contemporanea, Firenze, 2023; Mimesis, Galerie Territoires Partages, Marseille,2023; Malamegi Lab19, 2022, Galleria Piazza di Pietra, Roma; XV Bienal Internacional de Ceramica de Aveiro; BACC, la forma del vino, 2021, menzione speciale della giuria, Scuderie Aldovrandini, Frascati, Roma; La natura delle cose, Palazzo Malpigli, Lucca; Osmosi, a cura di Mauro Lovi, 2017; Duo, Otto Luogo dell’arte Firenze, e Mutabilia, Paratissima Torino, 2016; Premio Baccio da Montelupo, Museo Internzazionale della ceramica, 2015, Montelupo Firenze.
Caterina Sbrana e Gabriele Mallegni hanno fondato nel 2009, Studio17, laboratorio di ricerca d’arte e design.
Flavia Carolina D’Alessandro
Provvidenti (CB)
“ùnikum panorama Provvidenti”
“Il labirinto, sia nella sua forma fisica che simbolica, offre una profonda riflessione sull’estetica del percorso. Esso incarna un viaggio intricato e spesso enigmatico, un percorso che sfida la nostra percezione e ci costringe a navigare tra incroci e scelte. L’estetica del labirinto, elemento scelto da D’Alessandro quale segno d’azione sul luogo, richiama la complessità della vita stessa e ci insegna che il percorso è altrettanto importante, se non di più, del risultato finale. È un invito a rallentare, a contemplare, a cercare un senso più profondo nell’atto stesso del camminare.”
“L’artista, rintracciando nella chiesa di Santa Maria Assunta, attualmente chiusa al pubblico, un bassorilievo scolpito con questo tratto antichissimo, ha lavorato sulla sua immagine fortemente evocativa, estrapolandola dallo sfondo e facendola diventare percorso e panorama. Panorama in quanto il segno, che già di per sé richiama la forma della rosa, si può sovrapporre alla pianta del centro storico di Provvidenti determinando uno scenario quasi prospettico.”
“Il labirinto di Provvidenti pone l’attenzione sul tragitto che si percorre per raggiungere la meta, oltre a rappresentare non tanto i limiti (muri) di tale percorso quanto il pieno della strada che si percorre. Ciò che è visualizzato non è il confine dell’esistente quanto il vuoto dell’inesplorato che viene ad essere campito e quindi inciso. Emerge chiaramente una traccia forte che, nel contesto semiotico, può essere vista come un segno iconico in quanto la sua rappresentazione visiva richiama direttamente l’idea di un attraversamento tortuoso e intricato. È un segno che suscita una serie di connessioni mentali ed emotive nell’osservatore, richiamando idee di ricerca, esplorazione e fallimento.”
(estratti dal testo di Tommaso Evangelista)
Flavia Carolina D’Alessandro (Caracas, Venezuela, 1977, vive e lavora a Bari). Dopo il trasferimento in Italia, nel 1992, consegue il diploma di Maestro d’Arte in disegnatori di Architettura e Arredamento presso l’Istituto d’Arte di Bari Pino Pascali, prosegue il percorso di studi, nella stessa città, presso l’Accademia di Belle Arti, ottenendo il diploma di Laurea in Scenografia (2004). 2023, Premio Sparti, menzione per miglior opera concettuale, AP; 2022, vincitrice Premio Arte – sez. pittura, Palazzo Reale, Mi; 2021, workshop/residenza RAMO 6.0, a cura di Giuliana Benassi, tutor Francesco Arena, Abr; premio acquisto LAB17 Malamegi; 2019, workshop l’Alternative Processes Photography e Blue Botanics con Hannah Fletcher presso la Bright Room a Lnd, Pop Now, Nuove Identità nelle arti pugliesi, Br. 2017, Manuale per Artisti a cura di Ivan Quaroni, Mi; 2021. Flavia Caterina D’Alessandro è co-fondatrice del progetto OMAR ed è ideatrice di Home Theatre- open studio project.