La più grande mostra diffusa mai realizzata in Maremma, incentrata sul tema territoriale. Tre comuni e cento tra pittori, fotografi e illustratori. L’arte relazionale intesa come possibilità di sviluppo sociale ed economico. Gli eterocosmi, ovvero i mondi che ognuno di noi si costruisce. Questi gli elementi, in parole e in cifre, che formano l’ideale di una nuova dimensione “maremmana”: la Città Visibile. Si comincia domani a Grosseto.
Probabilmente, fra i territori della Toscana ammirata e glorificata dagli afflussi del turismo, la Maremma emerge come il più aspro e, in fondo, il meno conosciuto. Ci sono ragioni storiche, certo, come dimostrano tante tracce nella cultura popolare, tra canzoni e detti antichi che si riferiscono al pericolo della malaria e all’amarezza della terra; però, con il passare del tempo, scandito dall’intervento caparbio dell’uomo, una zona può riuscire a mutare identità e ad aprirsi a opportunità diverse. Quando accade, c’è bisogno di un gran lavoro affinché gli altri si accorgano del cambiamento; oggi la regione maremmana sembra essere in questa precisa fase, di novità ansiosa di mostrarsi.
Una manifestazione quale La Città Visibile – giunta alla sua quarta edizione -, che riunisce eventi, esperienze e luoghi differenti dentro un medesimo percorso, è uno strumento essenziale per raggiungere un simile obiettivo, come spiega in modo esplicito Mauro Papa, direttore del CEDAV, il Centro di Documentazione per le Arti Visive, che si occupa dell’organizzazione generale insieme alla Fondazione Grosseto Cultura: “L’esigenza è quella di liberare l’immagine del territorio dagli stereotipi. Al mito ottocentesco della Maremma paludosa e malarica, terra di butteri e cinghiali, rivitalizzato dall’attuale tentativo di imporre il ‘brand’ della Maremma selvaggia e incontaminata, terra di butteri (finti) e cinghiali (d’importazione), cerchiamo dal 2008 di rispondere con una manifestazione annuale che non vuole vendere finte cartoline ai turisti e ai consumatori di morellino, ma stimolare consapevolezza e creatività nei residenti, vecchi e nuovi”.
Il tema di quest’anno sono gli “eterocosmi”, ovvero le modalità soggettive attraverso cui ogni persona vede e interpreta, dunque rappresenta, il mondo che ha intorno: “Uno stesso angolo di Maremma può scomporsi in migliaia di paesaggi narrativi diversi che corrispondono a migliaia di proiezioni interiori della realtà. A noi interessano tutte. Per questo, per documentare l’immagine di un territorio, non fotografiamo le varie comunità che lo animano, ma cerchiamo di fare in modo che siano le varie comunità a fotografare noi”.
Nel concreto, i comuni coinvolti sono tre: Grosseto, Magliano e Massa Marittima. Il programma, distribuito complessivamente in poco più di un mese, conta un numero enorme di eventi: fra i principali, una mostra di manifesti urbani nelle vie cittadine, realizzati da soggetti “sensibili” come detenuti, senzatetto, disabili, immigrati; la più grande esposizione fotografica realizzata in Italia e dedicata ai 150 anni dall’Unità; la presentazione di quanto è derivato dagli workshop realizzati nel periodo precedente; azione performative e attività per bambini. In generale, c’è un coinvolgimento effettivo delle varie componenti sociali: “Non ci interessa il ‘brand’ del territorio e non ci interessa il ‘brand’ dell’artista”, dichiara Papa. “Non dobbiamo imporre nulla al mercato. Si vuole dare voce a soggetti che troppo spesso vedono relegata la propria volontà di comunicare in circuiti chiusi e privati. Soggetti in grado di sviluppare antenne imprevedibili con le quali cogliere le contraddizioni del proprio tempo. L’obiettivo è costruire il senso dell’insieme, dello scambio, della comunità, della coesione”.
È interessante anche comprendere che tipo di possibilità ci siano state nel periodo più recente, per i giovani artisti contemporanei: “Purtroppo qui non ci sono gallerie, scambi e residenze, istituzioni, esperienze che possano ambire a un riconoscimento extralocale, a parte qualche iniziativa promossa dall’Università di Siena. I grandi parchi d’arte, Spoerri e Niki de Saint Phalle, sono purtroppo vissuti come elementi estranei e autoreferenziali. Perciò i giovani artisti professionisti come Moira Ricci, Federico Borselli, Lapo Simeoni, solo per fare qualche nome, sono spesso costretti a lavorare altrove”.
Allora può essere proprio l’iniziativa in questione, con il suo entusiasmo e i suoi collegamenti, a creare le condizioni giuste per una maggiore vivacità. La città visibile è in formazione, ma quali saranno i suoi attributi? “Visibile: per vedere una città non basta tenere gli occhi aperti, ma occorre per prima cosa scartare tutto ciò che impedisce di vederla veramente, come le idee convenzionali e le immagini precostituite. Aperta, al vento e ai forestieri: nelle parole di Luciano Bianciardi, vero nostro unico nume tutelare, Grosseto era paragonata a Kansas City e i giovani se ne fregavano ‘delle sterili e goffe pidocchierie dei medievalisti eruditi e dei furori antiquari degli archeologi’. Relazionale: la Città Visibile non espone delle icone da venerare, ma vuole stimolare tutti a partecipare per condividere, e non subire, il piacere dell’esperienza creativa e narrativa”.
Matteo Innocenti
Grosseto //
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La Città Visibile 2011 – Eterocosmi
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