“Artour-o è un appassionato di arte, un tipo curioso, un compagno di viaggio ideale”. Così recita lo slogan di presentazione di un format che, ormai da alcuni anni, coinvolge Firenze in un “sistema” composito di eventi artistici. Ne abbiamo parlato con Tiziana Leopizzi, anima del progetto.
Proviamo a spiegarlo in sintesi: com’è nato e che cos’è Artour-o?
Artour-o è un format attivo dal 2005 e deriva da un’esigenza che sentivo fortemente, quella di far emergere le esperienze artistiche attive sul territorio. Dopo qualche assestamento, siamo arrivati alla formula attuale: quattro giorni di esposizioni in giro per la città coinvolgendo le istituzioni, le fondazioni e le aziende. Nello stesso periodo siamo attivi con conferenze, dibattiti, focus ed eventi.
C’è anche dell’altro…
Sì, perché queste giornate non rappresentano un punto di arrivo ma un incipit. Durante tutto l’anno siamo presenti con almeno altre due iniziative: Artour-o nel parco, un’esposizione permanente di sculture e installazioni nel verde della splendida Villa La Vedetta, e Artour-o a tavola, serie di cene-incontri aperte a tutti, durante le quali si parla di arte con esperti del settore.
Chi sono gli artisti coinvolti?
Più che elencare dei nomi, vorrei sottolineare alcune nostre convinzioni. Innanzitutto per noi l’arte deve tornare a essere un concetto allargato – quindi connesso alla moda, al design e all’artigianato – e l’artista recuperare tutta una serie di competenze manuali e organizzative. Il modello, lo affermo per convinzione e non per una strana nostalgia, è quello del Rinascimento.
È una scelta piuttosto singolare.
Personalmente prediligo la qualità alla quantità. Noi non siamo né vogliamo essere una fiera: l’essenziale è credere nei nostri artisti e instaurare con loro un rapporto di familiarità.
Ed è importante anche la committenza…
Assolutamente. Negli anni abbiamo dato un premio speciale, l’Artour-o d’argento, ad alcuni imprenditori “illuminati” come Giuliano Gori, persone che hanno aiutato e condiviso con la comunità il sentimento del bello. Adesso il processo si è evoluto e ne è conseguito MISA: ovvero contattiamo aziende alla prima esperienza con l’arte, e lavoriamo affinché diventino dei committenti. È chiaro che questo porta benefici a ognuna delle parti coinvolte, gli imprenditori, gli artisti, i lavoratori. La bellezza deve essere soprattutto uno strumento per migliorare la vita.
Sei genovese. Perché hai scelto proprio Firenze?
Questa città rappresenta un simbolo a livello mondiale. All’inizio molti dicevano che il mio si sarebbe rivelato un errore, poiché Firenze è una dimensione rivolta solo al passato. Invece ho avuto la prova del contrario, le persone si sono dimostrate sensibili e ricettive. Credo che i fiorentini, e più in generale i toscani, abbiano un senso del bello particolarmente spiccato.
Comunque il progetto vuole avere un’impostazione cosmopolita…
Sì, siamo stati invitati in Cina per alcuni mesi, e prossimamente saremo a Londra. Vorremmo trovare un equilibrio tra la nostra tradizione, il famoso “da dove veniamo”, e la globalizzazione.
Qual è il sogno di Artour-o?
Prima di tutto avere a Firenze una metà di presenze nazionali e l’altra metà proveniente dal resto del mondo. Poi rendere fattivamente il format autonomo e satellitare: mantenere lo spirito e le caratteristiche fondamentali, ma con declinazioni diverse nei vari Paesi. In questo modo saremmo presenti un po’ ovunque, per tutto l’anno. Ci stiamo lavorando…
Matteo Innocenti