Il luogo comune vuole che lo stile di quest’autore sia soprattutto ritrattistica e glamour, una sorta di risata ridondante scaturita dalla gloriosa matrice pop. Ciò riprova che nessuno può sfuggire alla semplificazione del successo globale: venire racchiusi in piccole formule magiche, valevoli per ogni opera e per ogni successivo sviluppo. Perché accade? Strano a spiegarsi, è come se il mondo ti potesse dare la sua attenzione, ma la concentrazione mai più di una volta.
E così può accadere d’imbattersi in imprevisti accidenti; per esempio scoprire cheDavid LaChapelle (Fairfield, 1963; vive a New York e Los Angeles) – fuori dalle categorie dell’ironia e dell’eccesso – più che una macchinetta d’icone mediatiche assomiglia a uno spietato moralista. S’intenda questo punto, che vale per altri artisti accomunabili: il parossismo immaginifico a specchio dei nostri errori e delle nostre fobie in apparenza è divertente, certo, però nella sostanza ci ridicolizza, per renderci migliori. Ecco perché si può ritenere che quest’anima profondamente americana, di outsider dentro il sistema, più che ai colori dello star system debba la sua celebrità a un equilibrio complicatissimo: quello fra tensione etica ed estetica. Non a caso, la sua ultima musa ispiratrice è stata la Cappella Sistina del Buonarroti, caso eccelso di Biblia pauperum nonché emblema dell’ineluttabile-michelangiolesca imperfezione umana.
Appunto Deluge – con altri estratti della serie Recollections in America, Star System e Heaven to Hell, oltre l’aggiunta di due video backstage – segna sia il ritorno dell’artista in uno spazio privato italiano che l’inaugurazione della rinnovata Galleria Poggiali e Forconi. Un’esposizione trasversale o, meglio, una combinazione come molte altre possibili, sebbene non completa neppure carente, perché lo stile di LaChapelle è tanto pregnante che ogni sua opera potrebbe vivere di per sé.
Oltre i celebri ritratti – divi sottoposti al parossismo del proprio ego, dei fenomeni sociali e dell’inventiva fotografica -, oltre le varie dissacrazioni della middle class americana, il materiale in mostra ha il pregio di evidenziare un progressivo e importante spostamento nella pratica autoriale. Dapprima è stata una virata dall’ambiente vip a rappresentazioni pur sempre collettive ma con protagonista la gente comune; poi, come chiudendosi al troppo clamore, un procedere verso rappresentazioni intime.
Lo dimostra proprio il Diluvio, innovativo più che per le enormi foto di un’umanità letteralmente alla deriva – rivisitazioni iper-dettagliate e iper-colorate dei celebri affreschi – per la sottosezione dal titolo Awakened. Questa si costituisce di singoli corpi immersi nell’acqua; dietro essi una luce abbagliante, davanti il silenzio del nostro trattenere il respiro. L’idea è quasi opposta ai fondamenti del passato: invece dell’ostentazione, il venire scoperti come per caso, in un istante che neppure vorremmo. Eppure questo “essere fotografati” a dispetto della propria volontà non significa apparire brutti, semmai naturali, cioè ripuliti dalla diafana acqua/placenta di una successiva rinascita.
Proprio qui sta il possibile inizio per una nuova declinazione della pop art, potenziata nella sua componente riflessiva.
Matteo Innocenti
David LaChapelle
a cura di Lorenzo Poggiali
Galleria Poggiali e Forconi
Via della Scala, 35a / Via Benedetta, 3r – 50123 Firenze