Testo scritto per il catalogo Körperland, in occasione della mostra personale di Tatiana Villani presso la Galleria Passaggi (Pisa).
La ricerca artistica di Tatiana Villani si svolge nel tempo quale processo generativo continuo, la cui necessità non sta in primis nell’affermazione di punti più o meno netti, più o meno saldi, piuttosto nella fluidità di modi formali e di significati ogni volta accordati differentemente. Come in certi giochi verbali per cui una parola ne richiama in successione altre, con attinenza logica o fantastica, si trovano nell’insieme delle serie (installazioni, azioni, scultura, foto, pittura) costanti aperture: la dinamica della varietà è mostrata e subito riposta in atto per ottenere ogni volta uno sviluppo conseguente e quindi estensioni maggiori. Da specificare che niente viene concesso al vago, poiché gli elementi mutati convergono comunque a uno specifico compito – peraltro della massima difficoltà considerandone gli insiti pericoli della contraddizione e della dispersione – ovvero la costruzione di una dimensione ulteriore ma analoga alla nostra realtà, che proprio della seconda porti ad emersione aspetti di potenza e di crisi.
Si può iniziare da un esempio specifico, Trasgressioni (2015), installazione che comprende diversi elementi interrelati in maniera complessa: sopra una base in tappeto, una proiezione video incontra una scultura e viene riflessa da superfici di vetro; il campo generato dalla somma di impulsi e riflessi pare trovare una zona di particolarità in un’immagine fotografica ritraente un corpo di donna aperto in una fenditura ogivale. È quest’ultima un riferimento esplicito, a livello conscio o meno non pone differenza, alla Vesica Piscis, segno antico che da varie civiltà giunse al Cristianesimo divenendo rappresentazione simbolica sia del seme della vita e per aderenza visiva – poiché la forma è la risultante dell’incontro tra un paio di cerchi identici – della comunicazione tra due realtà. Fuori dalla dialettica tra fisico e metafisico, che qui non trova ambito, il discorso in questione è comunque costruito sul rapporto di differenza: da un verso il nostro reale ordinario, dall’altro un’alternativa scaturente dalle elaborazioni immaginifiche dell’artista. Poiché la direzione tra i mondi non è univoca, e non valendo scala di importanza di uno rispetto all’altro, la donna con fenditura può essere contemporaneamente l’origine da cui l’opera viene e l’esito verso cui essa tende.
Analoga positiva ambiguità si trova in 6schemen+6schatten (2009). Il titolo avanza una sinonimia con accezioni differenti, cioè ombra intesa quale indistinzione di un’entità e ombra intesa quale effetto fisico dell’interposizione rispetto a una fonte di luce. L’installazione parte da alcuni scatti fotografici di corpi che si incontrano, sviluppati su pellicole trasparenti, le cui ombre sono state poi dipinte a rendere una stratificazione molteplice di piani e di apparenze; non conta tentare di stabilire priorità ontologiche, a emergere è l’ininterrotta derivazione di una presenza dall’altra – secondo la terminologia usata dall’artista “Getrennt”: separati, “Getroffen”: incontrati, “Einverleibt”: inglobati.
Con attinenza alla questione dell’identità Untitled (2010), tra i cui intendimenti vi è quello di usare la fotografia come fosse uno strumento pittorico, è costituito da immagini liquide che pongono in legame il soggetto nella sua rappresentazione esterna – qui ispirata ai canoni del Rinascimento – e i moti interni sovente impenetrabili.
Dunque l’appartenersi reciproco delle dimensioni, a ciò si voleva giungere, è ciò che vale da condizione necessaria per l’intero processo artistico-creativo in atto, se così non fosse, se avessimo delle interruzioni tra il qui e l’altrove, allora la generazione terminerebbe. Da tali presupposti e per stadi conseguenti ha preso avvio Körperland – traducibile come “terra dei corpi” – complesso in fieri di progetti connessi che appartengono a una delle due linee maggiori della ricerca di Tatiana Villani (l’altra è quella sociale e politica che pur nell’apparente distanza vedremo in certi punti essere tangente). Körperland è un universo parallelo che da una fase di pura ideazione è entrato in stato di creazione primigenia, anticipando di manifestarsi, in un futuro assai prossimo, in tutta la sua qualità e misura. Il corso ha seguito e segue il modo che accomuna la nascita di ogni essere vivente, passando da uno stato di tenuità ad uno di irrobustimento; gli elementi disponibili lasciano presagire che il nuovo sistema conterrà in sé, oltre gli abitanti, anche relazioni reciproche e paesaggi.
È interessante provare a delineare come questa genesi abbia sin qui proceduto. Al principio vi sono le serie, elaborate nel corso di alcuni anni e tra loro attinenti, dei Territori e dei Corpi (dal 2009). Fattore fondamentale in entrambi i casi è proprio il corpo umano, osservato e rappresentato attraverso alcuni suoi dettagli o visioni più estese, e sottoposto a un insieme di trasformazioni/combinazioni – pur entro una riconoscibilità mai perduta. I Corpi indugiano sulla singolarità: le masse, le pieghe degli arti e gli spessori della pelle, tanto ravvicinati, scaturiscono un effetto immersivo ed è come se osservassimo o percorressimo un luogo per la prima volta – al modo in cui la frattura minima di una roccia di per sé può aprirci a uno scenario totale, se non consideriamo il paesaggio di cui è parte. I Territori concedono di più alla commistione, attraverso sia l’unione di componenti diverse che l’introduzione di sostanze come l’acqua. Vi è nella relazione tra questi progetti, oltre alla vicinanza, una complessità progressiva che ha a che fare direttamente con l’adattamento; gli scenari che si stanno creando richiedono ad ogni apparizione una capacità ulteriore, fattore peraltro rimandabile al nostro sistema economico e culturale, come sottolineato dalla stessa artista: “il livello e le capacità di adattamento richieste sono crescenti, le persone come merci devono essere in grado di muoversi ovunque sia richiesta la propria presenza e questo è ancora più vero nel caso del mondo dell’arte e della cultura in generale”.
La componente scultorea, presente sin dall’inizio ma in modalità circoscritta, trova una realizzazione più piena nella fase recente – non a caso, poiché è come se fossimo passati da una proliferazione in cui ancora le creature derivavano da noi, e dunque appartenendoci le si potevano controllare, a un’altra in cui esse sono di differente composizione e forma: ovvero in potenza autonome. Creta cruda o cotta, paraffina, gomma siliconica, le materie ora sole ora inglobate l’una all’altra, assumendo una conformazione organica, divengono embrioni di nuove esistenze; impacciata genia che si rivela in vista delle esistenze a venire.
Quali saranno allora gli abitanti e gli ambienti del futuro? Impossibile stabilirlo, come manifesta l’esposizione di Körperland alla galleria Passaggi di Pisa in cui alle opere scultoree fanno da corrispettivo delle nuove ed impreviste installazioni fotografiche. Un corpo femminile, coperto e insieme rivelato da una folta e riccia capigliatura – vengono alla memoria alcune Ofelia o donne preraffaellite – crea forme sinuose e coinvolgenti sotto il diaframma di un vetro a texture. Tale trama è la stessa che torna sulle superfici di paraffina a protezione della creta, particolare che permette di riferirci a un altro aspetto determinante, cioè il ricordo del “domestico”. Sono memorie di cose semplici, dettagli che ci siamo abituati a vedere sin dall’infanzia e nel tempo divenuti altamente significativi di una parte di vita. Nella tensione verso un altrove aperto a ogni possibilità – la terra dei corpi nella sua pienezza – essi valgono da prova di sincerità; una stella della navigazione che permette all’artista di restare aderente al suo più intimo essere. Inoltre è proprio per mezzo di questi riferimenti che concettualmente può avvenire il passaggio dai progetti a prevalenza immaginifica a quelli a prevalenza sociale.
Bisogna innanzitutto rilevare come questi progetti vadano nella direzione della cosiddetta arte relazionale; sfuggendo all’equivoco o ai limiti di tale definizione – poiché è certo che l’arte nel suo complesso, tramite la triangolazione artista opera osservatore pone dei legami – ci si può riferire a una necessità in evoluzione: un realizzare creativo che per volontà dell’artista coinvolge attivamente varie situazioni e persone, così da inserirsi all’interno di un contesto determinato (sia esso metropolitano, istituzionale, naturale o altro ancora); la differenza che emerge in questi anni rispetto ad altre pratiche emerse con decisione già dagli anni novanta, a loro volte derivate da quanto sperimentato in precedenza, è che tale dinamica non è posta ad esclusione di quella che favorisce l’opera in sé – l’opera da ricevere e da interpretare – piuttosto le due maniere procedono parallelamente, e l’artista ricorre a una o all’altra, con coerenza, in base alle specifiche condizioni del momento.
Di tali progetti ne citeremo alcuni. Logos (2012-2014) libro d’artista a partire da lastre di cera scolpite e poi riprodotte con una stampante 3d, il cui oggetto è una libera interpretazione di alcuni moderni logo posti in rapporto con gli antichi petroglifi; vi entrano in gioco varie componenti, dall’open source al linguaggio simbolico in diverse epoche, dall’uso dell’immagine per fini commerciali all’autorialità-serialità. I have a dream/ Ho un sogno (2014, ancora in corso), video-installazione corale avviata da un’idea dell’artista indiana Shweta Bhattad e presentata alla Biennale di Vancouver 2014/2016 che prevede di formare la frase del titolo in varie lingue e parti del mondo usando colture locali – in questo caso a Pietrasanta. Metaproject (2012), per Liberspace a Zagabria, in cui il pubblico disegna i propri sogni e l’artista li riporta sui tessuti con una macchina da cucire per farli indossare agli autori stessi (sogni “cuciti addosso”).
È chiaro che se attraverso Körperland il lavoro avviene su un mondo d’immaginazione – sorta di grande inconscio che tramite la discrezionalità creativa può favorire, anche per via d’eccesso, visioni più acute del reale quotidiano – nei progetti appena riportati, e ve ne sono altri, il lavoro avviene sul mondo concreto, in questo caso con l’obiettivo di proporre modelli alternativi di comprensione e di convivenza – il che, anche in questo caso, non significa giungere a dei punti definitivi ma a una perenne riformulazione dell’esistente.
In entrambi i versi, è certo, la creazione ancora continuerà.