Lena Liv – Hekhalòt

“La grande Storia non è affar nostro, la grande Storia si farà comunque”: così commenta Haim Baharier, ebreo studioso di ermeneutica – a suo agio fra Talmud, Kabbalah e Bibbia – nel video di presentazione alla prima mostra personale di Lena Liv (San Pietroburgo, 1952; vive a New York, Tel Aviv e Pietrasanta, Lucca) in un museo italiano.
Il nucleo essenziale dell’artista russo-israeliana, la cui origine di per sé è indicativa, riguarda proprio la memoria: con più precisione, e contrariamente al determinismo che la citazione d’inizio potrebbe far supporre, attiene alla misteriosa persistenza di una carica umana oltre il trascorrere degli eventi.
Alcuni esempi concreti. Un’umile lampada da soffitto, vecchia di decenni, mantiene in sé il calore di chi la usò. Una fotografia scattata chissà da chi e chissà quando è la traccia di un percorso esistenziale che non potrà ripetersi identico. Lena Liv - Untitled (lamp) - 2009 - tecnica mista - cm 175x25x30 - courtesy l'artistaIn generale, ogni oggetto “vissuto” può operare come potenziale transfert di emozioni, per tramite di un processo che, seppur con declinazione diversa, è ben noto (si pensi alle impressioni tra sublime e malinconico suscitate dalle rovine dell’antichità).
Dunque, la scelta della Liv di riferirsi a frammenti anonimi è il risultato di una precisa riflessione circa le dinamiche della dimenticanza: per costruire la storia e derivarne un legame logico tra il prima e l’ora, normalmente destiniamo all’oblio ogni particolarità, tutto quanto non s’incastri nell’intenzionalità degli scritti. In tale contesto, l’Hekhalòt ha un significato pertinente: il palazzo divino della cultura ebraica, la cui ricchezza è fatta di luce e riflessi, assurge a simbolo dell’incerto confine tra visibile e invisibile, reale e inesistente.
Composta di circa 40 evocazioni, l’esposizione di Lena Liv è un “notturno” visivo ispirato dall’idea della sofferenza. Il punto d’inizio, oppure solo quello più evidente, è certamente l’olocausto, ma la conclusione riguarda la condizione umana generale. Attraverso tecniche particolari – come la riproduzione pittorica d’immagini antiche, alternativamente affiancate da materializzazioni in carta degli oggetti presenti nell’inquadratura stessa – si consuma il tentativo, dolce e disperato insieme, di dare una nuova consistenza alle memorie perdute.
Lena Liv - Room - 2009 - ferro, macrosviluppo di spettro fotografico, carta fatta a mano - cm 239x238x239 - courtesy l'artista
Il nero dominante, a ricoprire senza distinzione aerei da guerra o giochi d’infanzia, e la successione d’individui ormai privati dell’identità, sono elementi che avanzano un interrogativo fondamentale: ovvero se gli uomini sapranno mai rinunciare all’inutilità del male. La sensibilità dell’artista nel modo di trattare gli oggetti e le loro ombre, se anche non equivale a una risposta positiva, almeno legittima la speranza.

Matteo Innocenti

 

Lena Liv – Hekhalòt
a cura di Marco Bazzini
C.Arte – Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci – Spazio Collezione
Viale della Repubblica, 277 – 59100 Prato

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