Coerente alla base che ne determina l’arte, Michael Lin (Tokyo, 1964; vive a Shangai e Parigi) assimila la sua grande retrospettiva italiana a un’occasione di manifesta convivialità: modificando le sale del Museo Pecci a immagine della propria abitazione, l’artista invita il pubblico a sperimentarne gli ambienti, gli oggetti e quant’altro.
L’operazione, realizzata in collaborazione con l’atelier giapponeseBow Wow, non mira comunque a una proposizione pedissequa; sebbene vi siano alcuni elementi reali e “usati” dall’artista, la casa si ri-costituisce nello spazio espositivo in modalità variata e ingigantita attraverso il gioco, l’immaginazione, l’ironia. Dalla possibilità di scegliere la musica in salotto all’offerta di birra e sigarette taiwanesi, dall’enorme pittura con funzione di pavimento al labirinto di porte scorrevoli giapponesi nella tea room, la visita illusoria ha come fine un coinvolgimento mutevole e sorprendente.
Il tratto costante della multiforme dimora è certamente il ricorso ai motivi floreali della tradizione orientale. Elementari nel disegno e sgargianti nei colori, rigorosamente eseguiti a mano su ogni superficie, i fiori di Lin sono il marchio riconoscibile di una pratica che con consapevolezza si colloca a metà tra produzione artigianale e industriale, fra anonimato e unicità.
L’operazione, realizzata in collaborazione con l’atelier giapponeseBow Wow, non mira comunque a una proposizione pedissequa; sebbene vi siano alcuni elementi reali e “usati” dall’artista, la casa si ri-costituisce nello spazio espositivo in modalità variata e ingigantita attraverso il gioco, l’immaginazione, l’ironia. Dalla possibilità di scegliere la musica in salotto all’offerta di birra e sigarette taiwanesi, dall’enorme pittura con funzione di pavimento al labirinto di porte scorrevoli giapponesi nella tea room, la visita illusoria ha come fine un coinvolgimento mutevole e sorprendente.
Il tratto costante della multiforme dimora è certamente il ricorso ai motivi floreali della tradizione orientale. Elementari nel disegno e sgargianti nei colori, rigorosamente eseguiti a mano su ogni superficie, i fiori di Lin sono il marchio riconoscibile di una pratica che con consapevolezza si colloca a metà tra produzione artigianale e industriale, fra anonimato e unicità.
Tale dominanza positiva sembrerebbe non escludere la possibilità di una riflessione sociale; infatti, l’insistenza forte sui modi decorativi asiatici evidenzia per opposizione il trauma di una mancanza. In modo simile al processo etnico della conservazione, l’appariscenza diventa lo strumento per rinvigorire l’incerta identità taiwanese.
Dunque, The colour is bright, the beauty is generous è un’ottima esposizione? Al di là dell’allestimento, non proprio. La formula che caratterizza il tutto è così ben equilibrata e accomodante da generare, a uno sguardo più approfondito, il sospetto di un’abilità relazionale prima che artistica. Perché se è giusto riconoscere all’autore il merito di svincolare l’espressione contemporanea dall’aurea di serietà che spesso la distanzia dalla fruizione comune, allo stesso modo bisogna rilevare l’assenza d’impostazione critica – ridotta all’astuzia di un insieme assai gradevole, compensato da qualche riferimento alla situazione geopolitica – e la natura poco originale delle opere, alcune delle quali sono soltanto variazioni semplificate di modalità già note.
Probabilmente la reale personalità dell’artista è da cercare altrove, nel rapporto tra la ripetizione degli elementi e la loro permutabilità. Che si tratti di alcune figurazioni replicate sulla carta da parati, di un video frammentato in diversi schermi, di una serie di fotografie con medesimo angolo visuale, di porzioni di quadro tagliate e ricomposte, l’effetto conseguente non muta. Cioè l’associazione del massimo grado della fantasia all’elemento decorativo – poiché la fantasia qui non coinvolge solo il motivo ma anche la sua disposizione – quale sinonimo di una libertà più gaia e più ampia.
Matteo Innocenti
Michael Lin – The colour is bright the beauty is generous
a cura di Marco Bazzini e Felix Schöber
C.Arte – Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica, 277 – 59100 Prato
a cura di Marco Bazzini e Felix Schöber
C.Arte – Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica, 277 – 59100 Prato