Sara Rossi – Ane Mette Hol

È di scena un doppio sguardo femminile, contemporaneo, negli spazi P27 e P21 della galleria pratese Enrico Fornello: protagoniste le due artiste Sara Rossi e Ane Mette Hol. Personalità entrambe, pur nella diversità, capaci di relazionare la fascinazione visiva dell’opera d’arte a una riflessione sui significati e sulle possibilità della stessa.
Sara Rossi (Milano, 1970) pratica e sperimenta il video, la fotografia, le installazioni da circa una decade; già spiccano nel suo percorso alcune partecipazioni a importanti manifestazioni italiane ed estere. L’esposizione in corso ha il titolo palindromo Otto, da considerarsi sia nella grafia verticale numerica che in quella orizzontale simboleggiante l’infinito. Ambiguità di senso non casuale, nel riferimento all’indefinibile materia – che è ragione e sogno insieme – della memoria umana. Si parla dei nostri ricordi, della loro natura evanescente e del loro rapportarsi secondo ordini continuamente variabili (il che corrisponde a un gioco indifferente alle regole).
L’installazione di Rossi – già dalla struttura materiale rinviata a una zona liminare tra il balocco e la macchina tecnologica – non si pone come obiettivo la determinazione: i sei video disposti a esagono formano un insieme ciclico d’immagini dal sapore semmai evocativo, il cui tempo non è il presente della rappresentazione ma un eventuale passato collettivo, quello del mondo e degli uomini.
Sara Rossi - Otto - 2008 - installazione - courtesy Galleria Enrico Fornello, Prato
Altri importanti elementi concorrono all’effetto: il materiale dei filmati, casualmente reperito da mercatini e provenienze varie, è di seguito assemblato con minuziosa cura, per la coscienza che l’intervento poetico dell’autrice condurrà al massimo grado la suggestione (non potremmo essere noi quel bambino, notato per un istante?).
Inoltre, l’incidenza esagonale dei monitor complica la visione simultanea a favore di un “girare intorno”, quasi una memoria in fieri. Ne emerge in sostanza una riflessione profonda, intrisa di mistero, per quella vita che si dà due volte, contingente nell’ora, inafferrabile nel suo trascorso.
Ane Mette Hol (Bodø, 1979), invece, richiamandosi a questioni costitutive dell’arte, propone un candido paradosso: il Reversed Site-Specific. Immaginando il necessario materiale di tinteggiatura per il bianco spazio concessole dalla galleria, luogo-reminiscenza di uno white cube in Norvegia, l’artista ri-crea sulla base del disegno i probabili fogli utilizzati a protezione del pavimento.
Ane Mette Hol - Untitled (Drawing for the floor, #2) - 2008 - installazione - courtesy Galleria Enrico Fornello, Prato
Il cartone, le macchie di vernice, le strisce di nastro sugli strappi sono identici all’originale, ma ne perdono la causalità/casualità, poiché l’autrice reintroduce in essi, fattivamente, la creazione. E se l’idea appare debitrice di precedenti esperienze – dai ready-made all’arte povera fino a César – è la sostanza a far la differenza: un lavorio manuale virtuoso su modelli serializzati e consumabili, persino tridimensionali, attraverso cui la copia – appunto, per inversione – diviene originale possibile.

Matteo Innocenti

 

Sara Rossi – Otto
Ane Mette Hol – Reversed Site-Specific
Galleria Enrico Fornello
Via Paolini, 21 e 27 – 59100 Prato

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