In ultima analisi, le corrispondenze interne a Seven Little Mistakesrivelano una disposizione di tipo musicale. L’insieme costituito dalla mostra non può né vuole essere interpretato con gli strumenti della logica e del senso; meglio gli si confà quella peculiare empatia – sempre accompagnata da vaste immaginazioni – che nasce all’ascolto di un componimento. Insomma, se l’udito attraverso gli occhi della fantasia ci esorta a divagare, l’errore è quanto, per etimologia, ci conduce fuori direzione: tali due movimenti, simili tra loro, sono la base della struttura in questione.
Il curatore Stefano Collicelli Cagol ha scelto di fornire un numero minimo di informazioni a supporto del visitatore, affidando all’abilità dell’allestimento e delle opere il compito di sviluppare la traccia fondamentale: ovvero la possibilità, per la scultura, di nuove significazioni/deviazioni. Il titolo d’altronde fornisce già una chiara indicazione, suggerendo che proprio la categoria scultorea si è allargata tanto da inglobare, paradossalmente, anche l’errore di se stessa.
Dunque, per analogia: i mistakes, installazioni multimediali e polisemantiche in grado di ampliare il significato e le funzioni di uno storico museo monografico, ci informano, a un livello più generale, circa l’urgenza di definire differenti modalità cognitive del reale.
Sei artisti singoli più una coppia danno numero, appunto, sette: Sunah Choi, Kit Craig, Isabelle Cornaro, Falke Pisano, Alexandre Singh, Simon Wachsmuth, Simon Fujiwara & Tim Davies. Le proposte rivelano natura e finalità assai varie; tra le altre, Where We Were Then, Where We Are Now (una riflessione sull’Iran che passa dai reperti archeologici, dall’antica ginnastica persiana Zourkhaneh e da articoli giornalistici attuali), il concerto da camera Feminine Endings, il trittico di diapositive polimorfiche 80.7 / 80.8 / 80.9, il dispositivo ligneo enigmatico What If I Were To Make A Sculpture Of Janu’s Head?, la confessione in audio-scrittura Chillida(suscitata appunto dalla visione delle sculture dell’artista spagnolo), le inquadrature macro di Premier Rêve d’Oskar Fischinger I and II (che trasfigurano oggetti quotidiani in trame immaginarie).
Pur non essendo eccezionale il peso specifico delle singole opere e aldilà dell’intenzione iniziale, il percorso riesce comunque a raggiungere un preciso obiettivo: l’esemplificazione della positività dell’errore. Ricorrendo a un elemento sotteso ma costante – la mitologia che fonda ogni tradizione culturale – l’esposizione trasforma i segni della diversità in strumenti di liberazione dal senso reprimente, e lo sbaglio in figura necessaria al mantenimento dell’individualità.
Il curatore Stefano Collicelli Cagol ha scelto di fornire un numero minimo di informazioni a supporto del visitatore, affidando all’abilità dell’allestimento e delle opere il compito di sviluppare la traccia fondamentale: ovvero la possibilità, per la scultura, di nuove significazioni/deviazioni. Il titolo d’altronde fornisce già una chiara indicazione, suggerendo che proprio la categoria scultorea si è allargata tanto da inglobare, paradossalmente, anche l’errore di se stessa.
Dunque, per analogia: i mistakes, installazioni multimediali e polisemantiche in grado di ampliare il significato e le funzioni di uno storico museo monografico, ci informano, a un livello più generale, circa l’urgenza di definire differenti modalità cognitive del reale.
Sei artisti singoli più una coppia danno numero, appunto, sette: Sunah Choi, Kit Craig, Isabelle Cornaro, Falke Pisano, Alexandre Singh, Simon Wachsmuth, Simon Fujiwara & Tim Davies. Le proposte rivelano natura e finalità assai varie; tra le altre, Where We Were Then, Where We Are Now (una riflessione sull’Iran che passa dai reperti archeologici, dall’antica ginnastica persiana Zourkhaneh e da articoli giornalistici attuali), il concerto da camera Feminine Endings, il trittico di diapositive polimorfiche 80.7 / 80.8 / 80.9, il dispositivo ligneo enigmatico What If I Were To Make A Sculpture Of Janu’s Head?, la confessione in audio-scrittura Chillida(suscitata appunto dalla visione delle sculture dell’artista spagnolo), le inquadrature macro di Premier Rêve d’Oskar Fischinger I and II (che trasfigurano oggetti quotidiani in trame immaginarie).
Pur non essendo eccezionale il peso specifico delle singole opere e aldilà dell’intenzione iniziale, il percorso riesce comunque a raggiungere un preciso obiettivo: l’esemplificazione della positività dell’errore. Ricorrendo a un elemento sotteso ma costante – la mitologia che fonda ogni tradizione culturale – l’esposizione trasforma i segni della diversità in strumenti di liberazione dal senso reprimente, e lo sbaglio in figura necessaria al mantenimento dell’individualità.
Matteo Innocenti
Sette piccoli errori. Seven little mistakes
a cura di Stefano Collicelli Cagol
Museo Marino Marini
Piazza San Pancrazio – 50123 Firenze
a cura di Stefano Collicelli Cagol
Museo Marino Marini
Piazza San Pancrazio – 50123 Firenze