Da una parte l’origine, cercando di definire l’istinto che ci muove alla trasformazione del mondo. Dall’altra la degenerazione che porta a riconoscere solo il valore materiale delle cose. Luciano Massari e Gianni Colosimo, entrambi in mostra a Carrara…
Ogni terra conosciuta presuppone un atto fondativo; la mappa risultante dalle scoperte, necessaria al nostro viaggiare, diviene altresì rappresentazione cosciente dello sforzo, interminabile poiché soggetto a trasformazione continua, tramite cui l’uomo tenta di conoscere e di abitare il mondo. La differenza che intercorre tra ambiente antropizzato e non – si potrebbe dire il complesso sistema di scambio e di resistenza tra azione umana e naturale – ha forti corrispondenze con l’opera d’arte intesa come intervento volitivo su una materia grezza.
L’interrogazione a riguardo di tale processo – eccezionale per la sua possibile reversibilità: da quale punto la natura inizia a riappropriarsi dell’artefatto umano? – percorre con costanza l’intera ricerca di Luciano Massari (Carrara, 1956) e trova netta esplicitazione, in modalità diacronica considerando che le opere appartengono a fasi differenti, nella sua prima personale nella città natale: Terre silenziose, a cura di Marco Senaldi, parte del programma Carrara Marble Week. Direttore artistico degli Studi d’Arte Cave Michelangelo e docente di Scultura presso l’Accademia Albertina di Torino, quindi d’impostazione fortemente pratica oltre che teorica, Massari concentra la propria attenzione sulle consistenze e sulle variazioni materiche, soprattutto marmo o altra pietra, nonché legno, cellulosa, acqua, luce.
Dalla purezza della Meteora o delle Terre Liquide, sculture medie simili a isole, levigate al punto da assumere una consistenza disciolta e un’albedo mobilissima, alla fattura più grezza, quasi erosa degli Arcipelaghi, fino alla serie più recente di superfici-texture: il dato concreto diviene sempre strumentale all’evocazione di una dimensione atemporale, entro cui passato arcaico e presente futuribile trovano punti di connessione (per esempio i valori simbolici e astronomici delle sculture preistoriche in relazione allo sbarco sulla Luna). Effetto rafforzato dalla scelta di “interagire”, seppur in maniera discreta, con la mostra già presente a Palazzo Binelli D’après Canova, la quale conta, oltre alla Letizia Ramolino Bonaparte del maestro possagnese, opere di scultori carraresi quali Tenerani, Finelli, Fontana. Emblematici del percorso i video realizzati in occasione dell’installazione 7 Verità nel 2004 nella lontana Rapa Nui; progetto che previde, tra varie azioni, l’affidamento al mare di una piccola isola di marmo: una traccia umana attuale da far scomparire come testimonianza archeologica per una civiltà a venire.
Sempre a Palazzo Binelli, che è inoltre sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, Gianni Colosimo (Torino, 1953) reinterpreta il progetto che nel 2006 anticipò con sdegno e ironia la disastrosa crisi dell’economia virtuale: allora tappezzò per un totale di circa 100mila dollari la galleria Pack di Milano – nota la successiva querelle con il Guggenheim di New York per l’identica installazione del tedesco Hans-Peter Feldmann, vincitore dello Hugo Boss Prize – adesso, a seguire una riproposizione da Motelsalieri a Roma, le banconote aumentano in pezzi da 5 euro di nuova fattura, assemblate in composizioni che uniscono segni del potere materiale e religioso. Il titolo della mostra è curioso: L’arcana profezia delle sette vacche tibetane. Che cosa dobbiamo aspettarci?
Matteo Innocenti
(Artribune)
Carrara //
Luciano Massari – Terre Silenziose
a cura di Marco Senaldi
Gianni Colosimo – L’arcana profezia delle sette vacche tibetane
PALAZZO BINELLI
Via Verdi 1
www.marbleweeks.it