Preludio – Emanuele Becheri, Francesco Carone, Giovanni De Lazzari

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Preludio – Artforms, Prato – 2016 – ph. Pamela Gori

“PRELUDIO”
Emanuele Becheri – Francesco Carone – Giovanni De Lazzari
a cura di Matteo Innocenti

ARTFORMS – via Genova 17/8 Prato
9-26 ottobre 2016

Preludio è un progetto che pone in relazione tre elementi di una stessa “appartenenza” – il libro d’artista – specifici per le motivazioni e per le modalità che ne hanno comportato la realizzazione: è la stessa unicità dell’idea e della resa formale a collocarli in una zona liminare tra i termini libro e opera. E appunto in tale zona, sulla base di relazioni di sensibilità e di concetto, è avvenuto e avviene il dialogo tra gli artisti.
L’orizzonte degli eventi di Emanuele Becheri (e Maurizio Cucchi) porta a confronto d’ispirazione reciproca il disegno e la poesia, in tensione rispetto a quella linea ideale prima/oltre di cui tutte le cose, e dunque anche l’arte, vengono generate; inoltre la tecnica xilografica, quindi il rilievo della matrice, anticipava questioni divenute centrali nella pratica attuale dell’artista.
Volta di Francesco Carone prende avvio dal ciclo di affreschi di Giotto per la Cappella degli Scrovegni di Padova, uno dei capolavori dell’arte occidentale, operandovi un’interpretazione (in uno dei suoi significati etimologici: far conoscere): nelle tavole del libro vengono riportate soltanto le aureole dorate dei pannelli originali, operazione che mette letteralmente in rilievo la componente più scultorea della tecnica a fresco, poiché in foglia d’oro sovrapposta, nonché l’intima armonia compositiva dell’insieme pittorico.
Taccuino di Giovanni De Lazzari è una raccolta di fogli più volte piegati a divenire come dei piccoli volumi, su cui l’artista registra con regolarità intuizioni, memorie, riflessioni ricorrendo alla compresenza, ma in reciproca autonomia, della scrittura e del disegno. Ciò che deriva da una situazione di intimità viene aperto alla lettura e alla condivisione, riducendo al limite minimo la mediazione della resa formale rispetto all’espressione di sé – secondo un andamento fluido, tuttora in fieri.

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Preludio – Artforms, Prato – 2016 – ph. Pamela Gori

La parola Preludio vale sia per ciò che si esegue insieme, così da mettersi su un medesimo accordo, sia per l’anticipazione, in musica e poi per estensione in letteratura, di una storia a venire.
I libri-opera hanno un andamento proprio che spazia dal numero limitato all’edizione unica fino a ciò che ancora non è pubblicazione; per questo, nel piano d’insieme, si tratta di un progettualità “in comune” piuttosto che di una collettiva quale di solito la s’intende, se consideriamo che non vi è conformazione alla costruzione di un discorso predeterminato, piuttosto sono gli elementi stessi a costruire in tempo reale la serie eventuale e possibile di affinità e differenze, testimonianza composita delle reali dinamiche d’avvicinamento che sono intercorse tra i tre artisti: e volendone identificare la costante, potremmo definirlo un aspetto sostanziale oltre la forma, connesso al sentire e al sentirsi dell’uomo. In tal senso ha parte rilevante l’esercizio di una lettura cosciente rispetto al proprio fare arte e rispetto al fare arte nel corso della tradizione storica.
Ancora: il piano d’insieme è esso stesso opera, per l’individuazione di particolari condizioni di lettura generate dalla scansione paratattica dello spazio, dall’atmosfera dell’ambiente declinata alla concentrazione, dalla messa in relazione tra la presenza umana (tre ragazze nelle zone di lettura) e la presenza libro. Elementi a partire da cui possano scaturire, da stimolo a stimolo, narrazioni uniche e originali per ogni osservatore.
Con differente prospettiva l’atto del guardare non si concentra solo su ciò che ha preceduto l’oggetto né solo sul suo presente mostrarsi, ma su ciò che gli potrà conseguire – per l’artista stesso, nelle vie future della ricerca.

Preludio - Artforms, Prato - 2016 - ph. Pamela Gori
Preludio – Artforms, Prato – ph. Pamela Gori – 2016

Emanuele Becheri
(Maurizio Cucchi)
L’Orizzonte degli eventi
Edizioni canopo
edizione 50 copie, rilegato a mano
cofanetto di legno, stampato su carta Magnani Altina
sette xilografie e nove poesie, cm 27,5×40,5 chiuso / 55×40,5 aperto
2005

Il rapporto di fascinazione reciproca tra la scrittura e l’arte visiva, così diverse ma provenienti dalla radice comune del segno, sembra tornare al punto di maggiore prossimità nel rapporto tra la poesia e il disegno: nell’una e nell’altro la generazione, anticipata da uno stimolo forte, rincorre la velocità fuori dal tempo dell’immediato – aldilà delle rifiniture potenzialmente infinite che vi si possono operare dopo. Talvolta questo immediato viene definito ispirazione, termine accettabile se lo nettiamo da ogni romanticismo. Inevitabile che la coincidenza tra l’attimalità dell’ispirazione (che può portarsi dietro un’esperienza lunga una vita) e una sua qualche resa formale non ha soluzione, è disperato e grandioso insieme lo slancio dell’impossibilità. È forse per tale meraviglioso fallimento che la poesia e il disegno sono anche un linguaggio per i folli; in ciò che non riesce possiamo permetterci di annullare la distinzione tra la norma e il suo contrario: ecco che il tratto e la parola annunciano un mondo appena spostato dal nostro, che dovrà venire, e se anche esso ora ci appare irrealizzabile non per questo possiamo stabilire che sia incredibile, al modo che vale per una profezia.
Al fondo anche l’orizzonte degli eventi non compie differenze, anzi esso rende tutto assoluto. Non sappiamo (al più decidiamo) se in esso si avviano o si concludono gli eventi stessi, se dietro la sua linea ci sia da aspettarsi qualcosa oppure no, se il divenire possa o debba avere un senso e quale: «Sono già lì, sull’orlo del Maelström, /all’orizzonte degli eventi, /potessi darmi un valore /che non fosse pulviscolare.»

Emanuele Becheri - L'orizzonte degli eventi - Edizioni il canopo - 2005 - ph. Pamela Gori
Emanuele Becheri – L’orizzonte degli eventi – Edizioni il canopo – 2005

Le xilografie di Emanuele Becheri anticipavano qualcosa allora appena intravisto (2004), che avrebbe portato ulteriori sperimentazioni dopo, cioè ora nel tempo presente. Le si possono perciò considerare come forme germinali. I disegni dapprima scaturiscono sensazioni di discrezionalità e di mutevolezza; quindi ne emerge un carattere vitale, come fossero organismi della dimensione molecolare, in continua trasformazione e qui fermati per un attimo; ma non si tratta neppure di questo, ciò che conta è una sorta di dis-funzionalità, derivata da un’immaginazione intima (ossessioni ricorrenti su cui inciampare, senza esasperazioni), che trova contrappunto nei componimenti: «Continuerà a vorticare la materia?/ Anche ridotta a osso spolpato, / a filamenti, a membrane sbreccate, / a infinitesimali suoni rossi?»: eppure proprio qui avviene l’affermazione più precisa e solida sul fare artistico. È l’equilibrio formidabile per cui Becheri riesce a far sì che un’immagine si trovi, allo stesso istante e oltre la contraddizione, al limite dell’involontario eppure comprendere suggestioni, se non veri e propri episodi di narrazione, proveniente da tanti periodi della storia dell’arte. Come una meditazione cresciuta dentro di sé al punto da imprimere con naturalezza ogni gesto conseguente (impressione è anche il contatto tra la matrice e la carta richiesto dalla tecnica).
Così i disegni. Testimoniano di uno stato eccezionale di rapporto tra l’immaginazione e la necessità: le forme potrebbero essere alcune tra molte altre, eppure, visione dopo visione, ci risulta inevitabile la specifica evidenza del loro apparire nel corpo di queste pagine.

Emanuele Becheri - L'orizzonte degli eventi - Edizioni il canopo - 2005 - ph. Pamela Gori
Emanuele Becheri – L’orizzonte degli eventi – Edizioni il canopo – 2005

Francesco Carone
Volta
BlisterZine
libro in copia unica
foglia oro e stampa caratteri mobili su carta di cotone Fabriano, coperta in tela e legno di betulla finlandese dipinto.
40 tavole, cm 24x24x2,5
2014

Oratorio privato e mausoleo familiare la Cappella degli Scrovegni di Padova fu fatta costruire all’inizio del XIV secolo come parte di un più vasto palazzo dal facoltoso mercante cittadino che da allora le dà il nome, con incarico di affrescarla a Giotto di Bondone: il pittore toscano realizzò in alcuni anni, tra il 1303 e il 1305, un ciclo di affreschi annoverabile tra i capolavori dell’intera arte occidentale, punto fondamentale per i futuri sviluppi del Rinascimento. L’impianto teologico della rappresentazione sui tre registri pittorici principali1 ha per tema la salvezza; l’intervento di Dio al fine della redenzione umana dal peccato originale viene reificato nelle nascite miracolose di Maria da parte di Anna e Gioacchino – come narrato nei testi apocrifi, non nei vangeli biblici – e in quella di Cristo dalla Vergine secondo il destino che condurrà il Figlio al sacrificio della crocifissione e, al termine dei tempi, al Giudizio Universale. Né a tale dimensione escatologica è estranea la splendida volta celeste, con stelle a otto punte a simbolo dell’ottavo giorno, quello dell’eternità. A Padova Giotto raggiunge i livelli più alti della propria pratica; in composizioni narrative essenziali, impiantate in scorci prospettici stabili seppur ancora di derivazione empirica, la solennità degli eventi si accorda alla proporzione umana, lasciando emergere un’inesauribile intensività emotiva – si pensi allo strazio delle madri nella Strage degli Innocenti o a quello dei presenti nel Compianto sul Cristo morto.
Quindi per vari motivi l’atto di cancellazione operato da Francesco Carone sulla riproduzione dei pannelli dipinti nella Cappella si pone quale intenzione estrema: ma non, come potrebbe apparire d’acchito, in termini di negazione, all’opposto di affermazione, poiché per specularità l’aver tolto ha consentito l’emersione di una componente altrimenti al limite della invisibilità, ed è quella scultorea. Se l’affresco più di altre tecniche pone la questione del rilievo pittorico, le aureole dell’iconografia cristiana figurate tramite l’apposizione della foglia d’oro sulla superficie, e caratterizzate da motivi decorativi interni ottenuti con modi vari d’incisione, divengono a tutti gli effetti un elemento liminare tra bi e tridimensionalità.

Francesco Carone - Volta - BlisterZine - 2014 - ph. Pamela Gori
Francesco Carone – Volta – BlisterZine – 2014

L’artista opera una figura retorica in cui una parte stia per il tutto, per ragioni di approfondimento rispetto al proprio fare scultoreo (come per un poeta una sineddoche è strumento d’espressione nonché di verifica sulle possibilità del linguaggio) e in virtù di una conoscenza meditata della nostra tradizione pittorica: a sortirne è un effetto di consistente ”imprevidibilità”, vale a dire il ritmo interno alla composizione giottesca. I segni dorati sul bianco della carta rivelano quella straordinaria sapienza compositiva, mirata all’armonia, che per coscienza o per intuizione – quale sia la precedenza tra l’una e l’altra rimane questione complessa e forse irrisolvibile – connota le fasi somme dell’arte nel corso storico.
Lo stare esatto di un elemento lì, poiché sentiamo che non potrebbe essere altrove, l’equilibrio per cui intenzione, forma e idea arrivano a coincidenza. Ci troviamo nello stato di maggiore vicinanza alla natura, la creatrice che sembra seguire regole di relazione perfetta, almeno al nostro sguardo; e se ciò dipendesse soltanto dagli occhi non ne verrebbe comunque meno l’ispirazione di grandezza per la vita, così come avviene, per esempio, quando a varie posizioni di astri noi diamo il nome di costellazione.

Francesco Carone - Volta - BlisterZine - 2014 - ph. Pamela Gori
Francesco Carone – Volta – BlisterZine – 2014

Giovanni De Lazzari
Taccuino
serie di fogli A4
6 fogli, cm 29×21,7 cad.
2002 – in corso

C’è uno stato iniziale che ha valore propedeutico per una più precisa definizione del modo nostro di guardare e pensare il mondo, si tratta della dimensione delle percezioni e delle prime idee. Quanto ne scaturisce non ha ancora il carattere di dettaglio che si ritiene necessario, e però è solo tramite tale esercizio che ogni prosieguo eventualmente riuscirà ad averlo. Questo è ovvio, lo è meno il concentrarsi sul carattere speculare che intercorre tra le due fasi – la comprensione iniziale e quella conseguente – fino a riconoscere in entrambe un uguale rilievo di necessità; allora non vi sarebbe più priorità ma concomitanza. Ciò appare più evidente in arte, dove il “finito” non ha che valenza relativa e l’intuizione – in forma di appunti, tentativi, sperimentazioni e quant’altro – può assumere un’autonomia estetica e di concetto.
Il Taccuino di Giovanni De Lazzari si forma di fogli in sé piegati, in crescita con il passare del tempo (evocando con ciò un andamento biografico), che, in certo modo, sono ognuno e nel loro insieme un volume per registrare e contenere alcuni degli stimoli che provengono dalla vita: ciò avviene con libertà ma non in maniera arbitraria, ossia l’artista opera una selezione dei soggetti rappresentati in accordo alle stesse ricorrenze rilevabili nelle successive opere di disegno e di scultura – si tratta sempre dell’espressione del proprio immaginario, dei modi intimi tramite cui il reale assume per ognuno di noi delle valenze simboliche.

Giovanni De Lazzari - Taccuino - 2002 in corso - ph. Pamela Gori
Giovanni De Lazzari – Taccuino – 2002 in corso – ph. Pamela Gori

L’osservazione si confronta con i modi del disegno e della scrittura, è elemento centrale infatti la loro compresenza, da intendersi in modo “fisico” di una cosa che stia accanto all’altra ma senza forzature nel verso di una compenetrazione (si può ritenere che l’aspetto di maggiore rispondenza sia il tratto, che proviene dalla stessa mano, quello delle forme e quello della calligrafia). La lettura richiede una concentrazione, il calarsi in uno stato di assorbimento come avvenuto per l’artista: che si tratti dei volti di passeggeri di treno addormentati, di alberi, piante, dettagli dalla natura oppure di meditazioni affiorate nello scrivere. Dalla direzione dell’interiorità neppure diverge il “tornare” di alcune cancellature, rispetto a passaggi che, considerati a posteriori, danno al loro autore una sensazione di distanza o di eccessiva prossimità; ciò fa parte del processo nel suo insieme, tanto che rispetto ad esse l’artista ha sviluppato un modo linguistico complementare, basato sulle figure geometriche, rigoroso e seducente insieme.
Taccuino ha costituzione data da vari fattori: il costante sviluppo, una certa fragilità – si compone di normali fogli formato A4, disegnati e scritti di solito nei periodi di viaggio -, l’irriproducibilità tecnica poiché nessuna stampa riesce a testimoniare il differente rilievo che connota ogni parte. Quanto lo rende una sorta di libro zero, narrazione espansa tra tanti livelli e mai limitabile (rilegabile) ad uno solo.

Giovanni De Lazzari - Taccuino - 2002 in corso - ph. Pamela Gori
Giovanni De Lazzari – Taccuino – 2002 in corso – ph. Pamela Gori

 

Matteo Innocenti

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